giovedì 1 settembre 2011

Contro le guide turistiche


Ero partito per i Balcani senza sapere niente.
Non mi ero informato sul clima, non avevo letto niente sulla cucina o sul paesaggio, a stento sapevo confini e capitali.
Ultimamente mi  è capitato già varie volte di partire in maniera così passiva.
Mi faccio trascinare da viaggi scelti e decisi da altri, seguo i loro desideri, accetto tutto.
Iniziavo a pensare che mi fosse passata la curiosità di viaggiare o forse proprio la curiosità, non compravo più le guide turistiche dei posti, interpretavo la cosa come un segnale di indolenza.
Per anni ho viaggiato con l’aiuto delle guide turistiche.
Era stato merito, o colpa, di S. che mi aveva convinto dell’insostituibile apporto di Lonely Planet e Routard.
Le Routard sono nate per i viaggiatori zaino in spalla, gli zainisti come li ho definiti in un termine da me inventato; le Lonely Planet si rivolgono a un pubblico più vario distinguendo fra alberghi e ristoranti con prezzi elevati, medi o economici.
Le categorie della Lonely hanno qualcosa di classista, creano sottili sensi di colpa e di invidia.
Con il passare del tempo, però, anche i vecchi zainisti hanno iniziato a lavorare e si possono permettere di spendere qualche soldo in cambio di agi prima insperati, perciò la casa editrice francese ha deciso di inseguire la Lonely Planet e di consigliare anche posti più raffinati.
Di solito le Lonely Planet hanno foto più belle, sono impaginate in modo più razionale e anche la carta è di qualità migliore, per questo negli ultimi anni le ho preferite alle Routard.
Ho guide turistiche di Budapest, Finlandia, Lisbona, Parigi, Barcellona, Andalusia e Sud della Spagna, San Francisco, Buenos Aires, Francia del Sud, Norvegia, Istanbul, Paesi Baltici.
Ho perfino guide turistiche di posti in cui non sono mai stato, ho fatto degli investimenti trovandone alcune scontate.
Di solito prima di partire per un viaggio mi sembrava quasi ovvio andare in libreria a cercare la guida adatta, o navigare in internet per controllare temperature e cenni storici, informarmi su valute e costo della vita media, ero in questo un conformista perfetto.
Della guida, ad esempio, leggevo con attenzione anche la parte storica introduttiva, quella che inizia con i primi insediamenti di popolazioni quasi preistoriche e di cui ricordo solo vagamente i nomi.
Di solito sono dei sunti senza grande autorevolezza, a volte abbreviano con troppa fretta eventi che meriterebbero maggior spazio e si dilungano in usi e costumi secondari.
Poi c’e la parte riguardante la gastronomia in cui difficilmente si parla male della cucina locale, tutte le cucine sembrano interessanti, c’è sempre qualche liquore autentico da provare, di solito acquavite a sostenuta gradazione alcolica che si somigliano tutte.
La parte più divertente è quella pericoli e contrattempi, vengono dati consigli ovvi sul non andare in giro esibendo oggetti di valore, la maggior parte delle volte il tono è rassicurante mentre siti istituzionali come il Viaggiaresicuri del Ministero degli Esteri tendono all’allarmismo moderato.
Secondo il sito del Ministero, viaggiare di notte su strade secondarie balcaniche è assolutamente sconsigliabile causa cattivo stato del manto stradale, presenza di buche e dossi imprevisti.
Io viaggio da una vita su strade secondarie del salernitano e non sono molto migliori, ma ovviamente non c’è nessun sito che mi intima di percorrerle solo con la luce del giorno.
Non sono uno che sottolineava molto le guide, di solito sono pragmatico, so che molti posti non avrei comunque il tempo di vederli o magari mi passerà la voglia.
Conosco persone che sottolineano quasi ogni posto, basta che ci sia una recensione mediamente positiva.
Mettono cerchi, stelle, segni, scrivono brevi frasi con matite spuntate, sono pronti a visitare monumenti storici, monasteri, parchi naturali, non fanno distinzione fra bellezze storiche e paesaggistiche, sono affamati di luoghi.
Quando ero bambino, a quattro anni, mi portarono in Sicilia e per rendermi più leggeri gli spostamenti e il caldo torrido, mi regalarono una macchinetta fotografica finta, scattavi e c’erano diapositive di posti celebri dell’isola: i templi greci di Agrigento, il golfo di Taormina, il palazzo dei Normanni a Palermo.

Dopo averci giocato un po‘ mi stufai dei luoghi: quelli veri  e quelli virtuali fissati eternamente dal mio giocattolo.
Gettai a terra la mia finta macchinetta e gridai che non volevo più fare il turista.
Avevo un’allergia innata di cui evidentemente mi ero dimenticato quando mi ero messo in testa di programmare ogni dettaglio dei miei viaggi da adulto.

S. mi convinse anche che avevo assolutamente bisogno di un navigatore satellitare ed aveva anche assolutamente ragione, dal suo punto di vista.
Il mio senso dell’orientamento automobilistico è piuttosto scarso e manco di applicazione e concentrazione nell’imparare le svolte a destra e sinistra.
Il navigatore mi ha soprattutto aiutato nei labirinti stradali romani, a volte brancolo ad intuito ma la sicurezza di avere il navigatore mi permette il lusso di potermi perdere sapendo che non sarà mai uno smarrimento completo.
La cosa può suonare tranquillizzante ma a pensarci bene è anche desolante, bisognerebbe ogni tanto perdersi senza avere la soluzione a portata di mano.
Uno dei viaggi che sogno da anni è in un deserto: Mongolia, Sahara, un posto dove sia assolutamente facile perdersi, un posto senza punti di riferimento.

Quando lo dissi a M. non capiva, mi disse che il deserto lo aveva già visto dall’alto nell’aereo che la portava in Europa per la prima volta e le bastava.
A pensarci ora è una frase molto desolante, molto più desolante del deserto.
Il navigatore, specie nei viaggi extra urbani, diventa anche uno strumento che ti allontana dai tuoi simili e dalle richieste di informazioni, i maschi le trovano sempre umilianti e cercano sempre di evitarle per non sminuire la loro virilità.

Per fortuna il navigatore nei Balcani non funzionava, mi ero dimenticato che non aveva tutte le mappe dei paesi, alla lettera A  c’era Andorra e poi Austria, niente Albania.
Così ho ritrovato il piacere di comunicare a gesti davanti a una mappa con un contadino nelle montagne della Macedonia, o di perdermi su un passo di montagna per aver frainteso le  indicazioni di un segnale stradale.
Oppure di fermare un’auto piena di cacciatori serbi, uomini dall’aria straordinariamente gioviale e sorridente che contrastava con i fucili automatici che imbracciavano.
Giravamo i Balcani con le mappe del Touring Club, ti dà soddisfazione studiare una cartina spiegata davanti ai tuoi occhi.
In fondo da bambino immaginavo sempre di programmare i viaggi stendendo la mappa su un tavolo, magari scegliendo l’itinerario davanti a un caffè lungo caldo.

Se vi mettete davanti a una cartina d’Europa osservate che in gran parte dei paesi c’è una fitta rete di arterie verdi e i nomi delle città si susseguono e si intersecano.
Arterie verdi che pompano auto, camion, passeggeri, una delle cose più belle del viaggiare nei Balcani è che le autostrade quasi non esistono.
Sei costretto a fare vie che si inerpicano e poi scendono di colpo, le montagne si scavalcano senza ponti e viadotti, puoi fermarti quando vuoi senza l’instabile sosta nella piazzola d’emergenza o il ricorso all’Autogrill.

Non avevo letto nulla e così rimanevo sorpreso quando attraversavamo la Macedonia, era molto più verde e lussureggiante di come me l’aspettavo.
E non avevo assolutamente idea che in Bosnia ci fossero canyon e fiumi in mezzo a vertiginose gole di montagna.
Avevo fatto pace con il viaggio, proprio quando non mi interessava tanto dove mi portava.
il segreto è banale: non aspettarsi mai nulla.

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